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Dice a l’Unità Stefano Levi Della Torre, tra i promotori dell’appello: “Yehudim ‘arevim zeh la zeh, gli ebrei sono implicati gli uni con gli atri. Che lo si voglia o no, anche chi non è israeliano e neppure sionista risente nella sua vita di ciò che accade in Israele: c’è una responsabilità reciproca, e dunque il diritto e la responsabilità di prendere posizione. Tanto più di fronte a questa guerra catastrofica, che fa strage del popolo palestinese e degrada Israele, esponendolo all’ostilità del mondo non solo pregiudiziale ma anche giustificata. C’è chi pensa che per la sua sopravvivenza Israele debba essere appoggiato qualunque sia la sua politica e c’è chi pensa che per la sua sopravvivenza debba cambiare radicalmente strada ed aprire con il popolo palestinese una prospettiva di coesistenza nella reciproca autonomia e pienezza di diritti. Per questo e per amore di Israele e dei diritti umani, il mondo ebraico è diviso. In Israele e in diaspora.
Due anime si aggirano in Israele – rimarca Della Torre - Ci sono quelli che riconoscono nell’altro qualcosa di simile al proprio dolore e alla propria angoscia e decidono di operare insieme , e ne è un esempio il “Parents circle”, israeliani che hanno visto figli e figlie uccisi dal terrorismo palestinese, e palestinesi che hanno visto figli e figlie uccisi dal fuoco israeliano, e proprio per questo hanno deciso di lavorare insieme per uscire da questa interminabile tragedia; e ci sono coloro che al contrario sono chiusi nella propria angoscia per l’aggressione di Hamas del 7 ottobre 2023 che non sanno vedere lo strazio nell’altro, che non sanno riconoscere il massacro senza fine e ancora peggiore di Gaza.
Nel primo spirito noi ci riconosciamo col nostro appello, e vogliamo che sia un saluto dalla diaspora alla grande manifestazione del primo luglio in Israele quando tante organizzazioni si mobiliteranno insieme contro questa guerra e per una svolta nella politica e nello spirito di Israele”
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[Da "L'Unità" del 27/6/2024"]
Mai indifferenti