A proposito del dizionario di Stefano Levi della Torre
Genocidio
Premessa. Mi pare che i problemi di cui dibattere siano tre: Cosa si intende per genocidio? Israele sta praticando un genocidio? E’ bene essere rigorosi nella terminologia? Come vedremo, è utile riferirsi per analogia al concetto più maneggevole di omicidio.
Cosa si intende per genocidio. Direi allora che si deve distinguere fra la volontà genocida e la attività genocida, analogamente appunto al caso di omicidio: che può essere volontario o no, e pur trattandosi comunque di un reato, ha caratteristiche diverse nei vari casi. Con questo schema, il genocidio praticato dai nazisti, quello invocato da Mosé contro i Madianiti, quello (tentato) dei Meli del 416 a.c., quello dei Cartaginesi alla fine delle guerre puniche, forse quello degli Armeni e credo altri sono genocidi volontari: chi li ha perpetrati voleva effettivamente sterminare un popolo o un gruppo. Poi c’è quello che potremmo chiamare genocidio volontario con dolo eventuale1: si vuole ottenere qualcosa, tipicamente un territorio, e se nel corso dell’operazione i membri di una data etnia vengono sterminati ciò è considerato come accettabile. E’ il caso degli indigeni americani, e più in generale delle pulizie etniche sanguinose; e (forse) anche del genocidio degli armeni: i turchi volevano cacciare via gli armeni, e date le condizioni in cui avveniva questa espulsione i massacri erano inevitabili. E infine c’è la scelta di massacrare un numero sufficiente dei membri di un gruppo, etnia, ecc. allo scopo di convincere gli altri ad andarsene: questo terzo tipo di comportamento criminale potrebbe essere definito terrorismo politico di massa; e per questa fattispecie –l’uccisione di grandi numeri per fare fuggire i superstiti- l’analogia col caso di omicidio è quella di omicidio volontario (molto) plurimo.
Cosa sta facendo Israele? Probabilmente un misto delle due ultime fattispeci. Vuole sterminare Hamas, e pazienza se l’operazione comporta um massacro (genocidio con dolo eventuale: spariamo su un ospedale perché lì c’è Hamas, non vogliamo ammazzare medici e ricoverati, ma la loro presenza non ci impedisce di sparare); ma vuole anche occupare i territori palestinesi, e a questo scopo è utile uccidere abbastanza persone da convincere i superstiti ad andarsene (terrorismo politico, ovvero omicidio volontario plurimo).
Ne segue che se accettiamo di definire “genocidio”, come da generalizzazione del caso della Shoah, solo la prima delle tre fattispeci, accettiamo cioè che il termine genocidio si applichi solo al genocidio volontario, allora Israele non sta perpetrando un genocidio; ma se usiamo quel termine con le opportune specificazioni, accettando cioè che si possa parlare di genocidio non solo quando si vuole sterminare un gruppo, un’etnia, ecc. ma anche quando questo sterminio avviene come corollario di politiche rivolte ad altri scopi, allora invece sì – così come sono colpevoli di omicidio, ma non di omicidio volontario, i padroni della funivia di Stresa o del ponte di Genova (dolo eventuale) o gli uccisori degli ostaggi di via Rasella, uccisi per dare un esempio agli altri (omicidio volontario plurimo).
E’ importante essere chiari su questa distinzione? Sì, per vari motivi, di cui il principale è quello descritto dallo schema che segue, che si basa sul dato di fatto che nell’accezione adottata dall’opinione pubblica (con il non casuale incoraggiamento da parte della maggior parte dei media)
Il termine gemocidio senza qualificazioni viene letto normalmente come riferito al genocidio volontario. Allora:
Israele non sta commettendo un genocidio volontario (ma “solo” un genocidio con dolo eventuale o un omicidio volontario plurimo) → quindi non sta commettendo un genocidio → quindi chi accusa Israele di genocidio ha torto → quindi è inattendibile → quindi, dato che è inattendibile, possiamo respingere le sue critiche su qualsiasi argomento.
Dobbiamo allora, se non vogliamo usare la terminologia qui suggerita, che andrebbe ogni volta spiegata, accusare Israele di “massacri”, come giustamente suggerisce Stefano Levi Della Torre; ma chiarendo che si tratta di massacri finalizzati a precisi obbiettivi politici (e criminali secondo le convenzioni internazionali), per raggiungere i quali i massacri sono necessari, nel caso di terrorismo di massa/omicidio volontario plurimo, o un corollario inevitabile, nel caso di genocidio con dolo eventuale (così come gli omicidi con dolo eventuale o a fini terroristici sono la conseguenza di una specifica volontà, criminale ma diversa dalla semplice volontà di uccidere). Suggerisco la locuzione massacri indiscriminati e terroristici. In contrasto con coloro che preferiscono pensare che quei massacri sono solo “sproporzionati”, cioè che sono, tornando all’analogia con l’omicidio, solo un genocidio colposo, compiuto cioè non solo senza la volontà di commetterlo, ma anche senza la volontà di commettere un crimine qualsiasi.
Terrorismo
Su “terrorismo” sono assolutamente d’accordo con Stefano. La trasformazione del significato di “terrorismo” da tecnica (“terrorizzare la gente per ottenere certi fini”) a definizione di alcuni soggetti, il che implica che altri soggetti per definizione non siano mai terroristi, è stata ed è un’operazione totalmente politica. Ha comunque senso definire “terrorista” un movimento che adotta in toto o principalmente tecniche terroristiche, come Hamas (ma non l’OLP, che per anni è stata defnita tale); non ha senso, con la scusa che è terrorista, ignorare le questioni politiche che il suo operato solleva. Resta solo da sottolineare che la politica attuale di Israele è un esempio da manuale di terrorismo in senso tecnico.
Memoria della Shoah
Non ho nulla da aggiungere a quanto scritto da Stefano. La Shoah va ricordata come crimine contro l’umanità; è stato naturalmente anche un crimine contro gli ebrei, ma se la consideriamo solo in questo senso perde qualsiasi valore universale, e diventa un fatto privato che non può giustificare più pretese di solidarietà di altri massacri.
Sionismo/Antisionismo
Premessa. Il termine “sionismo” ha (nel dibattito politico odierno) diversi significati; da sinistra a destra, si passa da “diritto degli ebrei a vivere in sicurezza in uno stato democratico”a “dovere degli ebrei di onorare Dio rioccupando la Terra Promessa e scacciando gli intrusi”. Simmetricamente, il termine “antisionismo” ha uno spettro di significati che va da “siamo contro lo Stato degli ebrei perché vogliamo uno stato dei suoi cittadini, chiunque essi siano” a “vogliamo uccidere tutti gli ebrei perché questa è la volontà di Dio”. Così stando le cose, è praticamente inevitabile che il termine “antisionismo” sia frainteso, perché ciascuno tenderà a riferirlo alla definizione di sionismo che ha in mente. Quando si parla di Sionismo e Antisionismo, è quindi essenziale avere chiaro a quale nozione di sionismo e antisionismo si fa riferimento.
Antisionismo e antisemitismo. Tutte le definizioni di sionismo ammettono una nozione di antisionismo che non implica antisemitismo; esclusa la prima da sinistra. Io per esempio sono contrario al sionismo inteso come “stato degli ebrei”, in quanto ritengo che alla lunga ciò sia in contraddizione con “stato democratico”; il che non esclude la necessità di fasi transitorie, di compromessi, di accettazione di soluzioni meno ottimali ma più praticabili, ecc. Ne segue che (secondo me) la proposta “Israele come Stato degli Ebrei a fianco di uno Stato Palestinese” è giusta come proposta politica, ma sbagliata come orizzonte ideale al quale guardare.
Antisionisti e antisemiti. E’ facile che un antisionista sia anche antisemita, ma ciò non è necessario. Direi anzi che le posizioni politiche più interessanti sono proprio quelle degli antisionisti (in un’accezione “di sinistra”) che non sono anche antisemiti. Per questo mi pare essenziale, nel dibattito politico e culturale, avere ben chiara la distinzione. E’ sbagliato ritenere che poiché un antisionista è “di solito” antisemita, non vale la pena di occuparsi degli antisionisti che non sono antisemiti. Per pochi che siano, sono la compagine più interessante.
Distruzione di Israele e antisemitismo. Come estensione di quanto sopra, è perfettamente possibile che fra i palestinesi ci siano antisionisti (nel senso di volere distruggere lo Stato di Israele) che non sono antisemiti; o che se anche lo sono, lo sono come corollario di quella che loro intendono come una lotta di liberazione (un po’ come molti italiani erano razzisti nei confronti dei tedeschi negli anni 40). Con costoro si deve discutere, e chi ne ha il potere deve trattare.
Definizioni di antisemitismo. Da tutto quanto in precedenza, risulta che va esplicitamente respinta una definizione di antisemitismo che imcluda una qualsiasi definizione corrente di antisionismo come prova di antisemitismo. E’ antisemita chi è antisemita; chi è antisionista può essere antisemita, e spesso lo è, ma non è detto che lo sia. Da un altro punto di vista, quale che sia la definizione di antisionismo di cui si tratti (tranne forse una-vedi sopra), chi si professa antisionista non può essere giudicato antisemita in assenza di ulteriori elementi.
1 Ricordo che in base al nostro codice penale si ha omicidio volontario con dolo eventuale quando chi lo commette non vuole uccidere, ma si prefigge uno scopo per ottenere il quale sa di creare condizioni nelle quali è molto probabile che qualcuno muoia. In altri termini, il soggetto, pur di non rinunciare all'azione e agli eventuali vantaggi, accetta che possa facilmente verificarsi la morte di qualcuno.